La sensibilità insulinica è la capacità del nostro corpo di utilizzare l’insulina, un ormone proteico secreto dal pancreas che stimola l'assunzione del glucosio nelle cellule muscolari e adipose e, insieme al glucagone, partecipa alla regolazione dei livelli di glucosio nel sangue.
Un corpo con una buona sensibilità avrà bisogno di una quantità d'insulina normale/bassa, mentre un organismo con una cattiva sensibilità insulinica necessita di più insulina del normale per tenere la glicemia costante e trasportare all’interno della cellula aminoacidi e glucosio. Ma perché è importante avere una buona sensibilità insulinica?
L’iperinsulinemia
Come funziona l'insulina.
L’iperinsulinemia è caratterizzata da alti livelli d'insulina nel sangue rispetto alla norma e può portare a sviluppare il diabete di tipo II. L’iperinsulinemia avviene principalmente per due ragioni, che possono agire in sinergia:
- il soggetto consuma troppi zuccheri per un lasso di tempo prolungato,
- il soggetto ha una percentuale di grasso corporea molto alta.
Questi due fattori rendono i recettori “sordi“, insensibili all’insulina. Infatti, sono la causa principale della cattiva sensibilità insulinica e del conseguente aggravarsi delle condizioni che possono portare al diabete mellito o diabete di tipo II. Come è facilmente intuibile, l’insulina elevata è uno dei maggiori colpevoli non solo del diabete, ma anche di obesità e sindrome metabolica.
C’è inoltre una stretta correlazione tra proteina C reattiva e insulina. La proteina C reattiva è una proteina che aumenta nel sangue a seguito di un'infiammazione o infezione ed è quindi un sensibile marker dell’infiammazione stessa. Insieme all’emoglobina glicata, risulta quasi sempre elevata nelle persone che soffrono di malattie di questo tipo.
Consigli per una buona sensibilità insulinica
L’esercizio fisico è in grado di aumentare la sensibilità dell’insulina e ne richiede una produzione minore grazie alla stimolazione dei glut 4 (trasportatori del glucosio nelle cellule) e del risveglio dei recettori stessi, ponendosi come una delle poche azioni preventive per le malattie legate all'iperinsulinemia.
Per mantenere una buona sensibilità all’insulina è fondamentale riuscire a produrre meno insulina possibile. Il processo di riduzione periodica della quantità di carboidrati consumati e della conseguente produzione d'insulina prende il nome di riflessibilità metabolica. Se ci pensiamo è proprio quello che avveniva nei nostri antenati, che alternavano periodi di caccia - dove quasi non mangiavano - a periodi di abbondanza. A quel tempo il diabete era praticamente sconosciuto!
Personalmente utilizzo alcune strategie per tenere al massimo la mia sensibilità di insulina e quella dei miei clienti.
- La prima fase comprende l’uso di una dieta chetogenica, quindi senza carboidrati, che risveglia i recettori all’insulina.
- La seconda fase prevede, solo in alcuni soggetti, un digiuno di 18 ore con 6 ore dove si concentrano tutte le calorie. In altri invece utilizzo una dieta chetogenica ciclica. In altri ancora soprattutto negli atleti, utilizzo cibi a basso indice glicemico/insulinico e l’utilizzo di GDA.
Il GDA per eccellenza è la berberina che contribuisce a tenere sotto controllo l’emoglobina A1C.
Ricordiamoci che, oltre a prevenire molte malattie conseguenti all’infiammazione, tenere un’insulina bassa aiuta a essere più attivi nella routine quotidiana e ad aumentare la qualità della vita in generale.