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Connessione mente-muscolo Part 2 | Le evidenze scientifiche
Connessione mente-muscolo Part 2 Le evidenze scientifiche

Connessione mente-muscolo Part 2
Le evidenze scientifiche

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Data: 07 November 2019

Il nostro cervello è un organo miracoloso, talmente complesso che non riusciamo a comprenderlo del tutto (in effetti, se fosse stato più semplice, avremmo avuto l’intelligenza per riconoscerlo?). Dal punto di vista del controllo motorio, che ci permette per esempio di sollevare pesi in palestra, il cervello umano orchestra tutta una serie di strategie e meccanismi neurologici che vengono eseguiti senza che ne siamo realmente consapevoli. È anche vero che il sollevamento pesi è un atto volontario, quasi del tutto almeno, quando si tratta di massimizzare la connessione mente-muscolo (in inglese, muscle-mind connection o MMC).

 

In questa seconda parte dell’articolo dedicato alla connessione mente-muscolo, ci avvicineremo al concetto di controllo neurale e come possiamo consapevolmente generare delle strategie di attivazione per veicolare lo stimolo dell’esercizio sul distretto target, invece che eseguire dei generici "movimenti”.

Connessione mente-muscolo: come entrare nella nostra stessa testa

connessione mente-muscolo

 


Veicolare il carico sul distretto muscolare target piuttosto che esser focalizzati unicamente sulla performance (per esempio,  muovere un carico maggiore per un maggior numero di ripetizioni) è un esempio di focus [c.d. attentional focus (1)] “interno” piuttosto che “esterno” al nostro corpo. Al contrario dei powerlifter o dei weightlifter, per i quali l’obiettivo finale è quello di migliorare la performance dell’alzata, per il bodybuilder è il fisico e la maggiore ipertrofia muscolare a fare da metro di giudizio del risultato.

 

Nel bodybuilding la forma ha quindi precedenza rispetto alla funzionalità, da questo punto di vista. Questo concetto deve esser sempre tenuto da conto, in particolare quando ci si approccia a metodologie “chasing the logbook”, o di sovraccarico progressivo. Per questa ragione,  ho differenziato diverse tipologie di set “Set Types” nel Fortitude Training®. Questo sia per dar spazio al sovraccarico progressivo in schemi motori che sono individuati dall’atleta sulla base di quanto sentono e percepiscono con facilità il distretto target (Loading Set); sia per dare importanza a set ad alte ripetizioni dove l’atleta ha un maggior margine di libertà nel cambiare esercizi, schemi di ripetizioni e tecniche d'intensità per facilitare la connessione mente-muscolo (Pump Set).

 

Quindi, creare una forte MMC è la base assoluta di un percorso di costruzione muscolare, nel lungo periodo. Ricordiamoci sempre che il corpo preferirebbe metodologie di adattamento molto più “economiche” da un punto di vista energetico rispetto all’aggiunta (l’ipertrofia) di nuovo tessuto muscolare. Possiamo vederlo dall’aumento di forza che precede (3) e segue (2) qualsiasi risultato d' ipertrofia muscolare, come anche, in atleti neofiti, in tutti gli adattamenti metabolici (4-6) funzionali a ridurre il danno ai muscoli prima ancora che si notino i risultati in termini di crescita muscolare.

Da un punto di vista neurologico, le aree motorie del cervello e del midollo spinare sono cablate con strategie specifiche per attivare il distretto muscolare durante l’esercizio. Generalmente, le unità motorie (il neurone e le fibre muscolari che esso innerva) vengono attivate secondo quella che è la Legge di Henneman [Henneman’s size Principle (7-11)]. Secondo questa legge,  le unità motorie vengono reclutare seguendo uno schema ben preciso. Dapprima vengono attivate quelle lente, di tipo I (rosse), capaci di una minor forza contrattile ma resistenti alla fatica. Quindi, se necessario, quelle veloci (tipo II, bianche). Questo avviene in base allo stato di fatica muscolare e alla richiesta di forza (velocità e potenza).

 

Che si tratti di un atto innaturale o meno, il nostro sistema nervoso utilizza la Legge di Henneman, così come anche altri meccanismi più complessi, durante ogni singola serie di esercizi.

In particolare ricordiamo che:

  • Esistono differenti strategie attivatorie che si applicano nell’allenamento della forza piuttosto che in quello di resistenza o endurance muscolare (12).
  • La fase eccentrica (allungamento muscolare), quella isometrica e quella concentrica (accorciamento muscolare) sono controllate diversamente a livello neurale (13).
  • Per evitare o ritardare l’insorgere della fatica il sistema nervoso utilizza il Size Principle assieme ad altri meccanismi più complessi, incluso il richiedere l’intervento di altre unità motorie per dividere il lavoro su un tessuto muscolare maggiore (15).
  • Durante il fenomeno del “Muscle Wisdom” assistiamo a una diminuzione del tasso d'intensità di lavoro (firing rate) delle unità motorie man mano che accumuliamo fatica durante la serie. Questo meccanismo si basa su logiche di protezione di un muscolo che sta man mano perdendo le sue capacità contrattili (16-19). Torneremo su questo argomento quando parleremo del pre-affaticamento del muscolo target.

grafico forza-velocità

 

Fig. 1 Grafico della curva Forza-Velocità muscolare durante contrazioni volontarie e stimolate elettricamente. Si nota come il muscolo viene inibito durante le contrazioni in allungamento rispetto a quelle in accorciamento, come risultante della velocità di contrazione.

Credits: based on a figure By Mokele (talk).HCA at en.wikipedia. Later version(s) were uploaded by Gciriani at en.wikipedia. [Public domain], from Wikimedia Commons., Figure also based on voluntary muscle performance from two studies (20, 21).

Le evidenze sulla connessione mente-muscolo

Fatta questa panoramica sulle strategie inconsce di controllo motorio durante il sollevamento pesi, ci rendiamo subito conto che stiamo percorrendo una strada in salita quando parliamo di controllare come e dove va lo stress muscolare, al fine di creare una forte connessione mente-muscolo.

Non dimentichiamoci però di una cosa. In palestra eseguiamo contrazioni muscolari volontarie.

 

Abbiamo quindi sicuramente qualcosa da dire e da fare in merito all’attivazione dei distretti muscolari! È sulla natura volontaria dell’allenamento in sala pesi che faremo affidamento per creare intenzionalmente la connessione mente-muscolo. La domanda allora è: quanto è facile creare una forte MMC e come si fa? Scopriamolo!

Come creare una connessione mente-muscolo stabile

Come abbiamo visto, il paradosso della connessione mente-muscolo è che richiede un focus interno sul distretto target durante l’esecuzione di uno schema motorio che, di fatto, presuppone un focus esterno sul sollevare e abbassare il carico. In altri termini, noi solleviamo pesi, ma lo scopo è solo quello di stimolare il muscolo, un qualcosa che va oltre il sollevare e abbassare il carico. Niente paura però, una buona connessione mente-muscolo è assolutamente possibile!

 

Studi elettromiografici (EMG) confermano che quando a un soggetto viene richiesto di concentrarsi alternativamente sui tricipiti o sul petto (gran pettorale) durante l’esecuzione di una panca piana, egli riesce a cambiare a turno l’attivazione dall’uno all’altro distretto. Questa capacità è massima con carichi più bassi (inferiori all’80% dell’1RM) ma, quando si inizia a lavorare su un 8-10RM, ossia sopra tale soglia, la MMC viene persa (22). A pensarci, questo ha senso, viso che più ci si avvicina a sollevare carichi massimali più il corpo richiede l’intervento di una muscolatura più ampia, movimentando più muscoli e non solamente quello target.

 


Lavorare vicino al proprio massimale riduce la connessione mente-muscolo perché l’atleta si trova a richiedere l’intervento di tutti i distretti coinvolti nello schema motorio per riuscire a sollevare il carico con il massimo effort possibile.


 

Una situazione analoga viene riscontrata quando si chiede all’atleta di “muovere il bilanciere” in maniera balistica, ossia in modo quanto più veloce e "scattoso" possibile (si badi, non esplosivo! n.d.t.) (23). In questo caso, il focus è esterno ed è rivolto al coinvolgimento di quanti più muscoli possibili per imprimere velocità allo schema motorio.

 

Rimangono comunque le istruzioni verbali e la consapevolezza e volontà dell’atleta a fare da base per la connessione mente-muscolo. Questo è stato riscontrato in studi dove i ricercatori hanno istruito i soggetti durante esercizi per i muscoli di schiena (24), petto (25) e spalle (26). Non solo, è anche possibile ridurre l’intervento dei muscoli accessori come i trapezi (27) durante l’esecuzione di esercizi per le spalle o ancora, grazie alle istruzioni verbali, si è visto che soggetti neofiti possono lavorare sulla MMC differenziando il coinvolgimento degli obliqui rispetto al retto dell’addome (c.d. six pack) durante esercizi trunk curls  per gli addominali (28).

Altri studi

Andando invece ad analizzare la differenza di intervento tra tricipiti e petto durante esercizi di spinta, con l’esperienza e la pratica si ottiene una connessione mente-muscolo ancora migliore (29). In questo studio, è stata testata la panca piana, tradizionalmente identificata come l’esercizio principe per sviluppare il petto; il quale, ad alto effort, potrebbe richiedere un intervento importante dei tricipiti (30) (qui molti powerlifter concorderanno). È interessante notare come i due soggetti con più esperienza che hanno partecipato allo studio - soggetti con più di 20 anni di allenamento alle spalle - hanno dimostrato una minor capacità di creare questo shift in favore di un maggior intervento dei tricipiti a discapito del petto, durante l’esecuzione di un 1RM.

 

I ricercatori non si sono espressi in merito (nello studio, Figura 2), ma posso immaginare che, con l’esperienza, l’atleta che cerca di coinvolgere i tricipiti durante una panca piana si ritrova a vivere un “effetto di interferenza contestuale” (contextual interference effect) (31). In altri termini, il fatto di aver speso così tanti anni utilizzando la panca piana per allenare il gran pettorale - dunque lavorando sulla MMC per massimizzarne l’attivazione e ridurre contestualmente quella dei tricipiti - impedisce di utilizzare la panca piana come esercizio per allenare i tricipiti durante lo studio.

 

Come si capisce, la MMC è un fenomeno con delle solide fondamenta scientifiche e può esser coltivata mantenendo una buona concentrazione e focus mentale durante i nostri allenamenti.

Nella terza e ultima parte di questo articolo tireremo le fila del discorso approfondendo in maniera pratica come poter instaurare al meglio tale connessione mente-muscolo in modo da massimizzare i nostri risultati estetici.

 

 

(Articolo redatto in collaborazione con il Dr. Scott W. Stevenson, PhD)

 

 

Bibliografia

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  3. Moritani T, and deVries HA. Neural factors versus hypertrophy in the time course of muscle strength gain. Am J Phys Med 58: 115-130, 1979. http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/453338
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