Molte persone sono ancora reticenti a fare acquisti su internet, credendo che gli articoli non siano gli stessi rispetto a quelli venduti in negozio.
Un'idea frutto della cattiva comunicazione effettuata da aziende senza scrupoli che denigrano la vendita online a favore della old economy.
Il motivo di tale politica è semplice: compiacere al tessuto distributivo territoriale, assicurando ricarichi e profitti fuori da ogni logica ed etica commerciale a sfavore del consumatore finale.
L'utilizzo del commercio elettronico contribuisce in maniera sensibile a rendere i prezzi sempre più trasparenti e ciò non di rado si scontra con le strategie distributive del produttore.
La Corte di Giustizia nel caso Pierre Fabre C-439/09 ha deciso che il divieto assoluto di utilizzare internet imposto da un produttore ad un venditore, costituisce una restrizione non in linea con le disposizione del regolamento n. 330/2010, a patto che il produttore dimostri che detto divieto non sia oggettivamente giustificato.
Acquistare online deve essere un vantaggio per i consumatori, un'alternativa concreta ed efficace al classico shopping nel punto vendita fisico, con la possibilità di comparare i prezzi per scegliere il più conveniente dal punto di vista qualità/prezzo.
Non è tutto oro quel che luccica!
Se il cliente usuale che arriva in negozio può conoscere il contesto, il cliente del web non è detto conosca l'azienda e la sua realtà.
Spesso e-commerce poco professionali cercano di attirare l'attenzione dando false comunicazioni ed aspettative al consumatore finale.
"Auto proclamazioni a Leader del settore", vanti di "catalogo da decine di migliaia di articoli" sono solo alcune delle comunicazioni false messe in atto da addetti al settore senza scrupoli per fuorviare il consumatore finale.
Chi sta leggendo questo articolo si domanderà: "e dove sta il problema? possono scrivere quello che vogliono, io consumatore ho la facoltà di decidere dove acquistare indipendentemente dai proclami"
Il problema in realtà è serio sopratutto per le aziende del settore alimentare e dell'integrazione in generale.
Perchè quelle aziende che mentono in maniera così sfacciata spesso hanno marchi di proprietà.
Pertanto dichiarare il falso nel "chi siamo" cosa vi dice che non facciano altrettanto e dichiarino il falso anche nei loro prodotti?
Una cosa su cui meditare.