La carnitina è un aminoacido non proteico (ovvero che non va a costituire proteine), ed è il composto responsabile del trasporto degli acidi grassi a lunga catena nelle unità cellulari di produzione dell'energia: i mitocondri.
Poiché può essere sintetizzata partendo dall'aminoacido essenziale lisina, molti nutrizionisti e ricercatori ritengono che non dovrebbe essere considerata una vitamina; per altri, invece, dato che la niacina può essere sintetizzata a partire dall'aminoacido essenziale triptofano, può essere considerata come tale.
La carnitina fu isolata da estratti di carne nel 1905, ma la sua struttura chimica venne definita solo nel 1932.
Tuttavia, nonostante approfonditi studi condotti negli anni Trenta, il ruolo della carnitina rimase un mistero fino a circa 50 anni dopo la sua scoperta.
Nel 1952 un gruppo di ricercatori scoprì che la carnitina era un fattore di crescita per il Tenebrio molitor, e venne chiamata anche vitamina Bt.
Quando poi si scoprì che altre specie di organismi dipendevano dalla carnitina, si cominciò a riesaminare il suo ruolo nell'organismo, e venne alla luce che questa molecola era essenziale nella scomposizione dei grassi per produrre energia.
La sua importanza, infatti, sta nel ruolo fondamentale che svolge nel trasporto degli acidi grassi nei mitocondri.
Poichè la molecola vettore degli acidi grassi, ovvero l’acil-CoA, non può attraversare la membrana cellulare, un deficit di carnitina provoca una riduzione della concentrazione di acidi grassi nei mitocondri e, di conseguenza, una ridotta produzione di energia.
Gli acidi grassi devono infatti essere trasferiti dal CoA alla carnitina. La molecola di acil-camitina trasporta l'acido grasso alla superficie mitocondriale della membrana mitocondriale interna dove lo rilascia perché venga trasformato in energia.
La carnitina svolge molte altre funzioni fisiologiche, tra cui la conversione dei chetoacidi degli aminoacidi a catena ramificata (valina, Ieucina e isoleucina), funzione estremamente importante durante il digiuno e l'esercizio fisico.
Fonti alimentari di carnitina
La carne e i latticini sono le principali fonti alimentari di carnitina. In generale, più la carne è rossa, maggiore è il suo contenuto in carnitina. Cereali, frutta secca e vegetali ne contengono poca o ne sono completamente privi. Studi preliminari indicano che una dieta giornaliera media ne contiene circa da 5 a 100 mg5.
Tuttavia, la stragrande maggioranza viene sintetizzata dal nostro organismo a partire dall’aminoacido essenziale lisina con l'aiuto di un altro aminoacido essenziale (ovvero la metionina), tre vitamine (vitamina C, niacina e vitamina B6) ed il ferro. La carenza di uno qualsiasi di questi nutrienti produce chiaramente un deficit di carnitina.
Lo stadio finale della sintesi della carnitina avviene solo in alcuni organi “target”: nel fegato, nei reni e nel cervello. Questo perchè l'enzima butirrobetaina idrossilasi, necessario per la reazione finale, è presente solo in questi tessuti. Questo enzima è in larga misura responsabile del controllo della sintesi della carnitina, del muscolo cardiaco, del tessuto muscolare scheletrico e di molti altri tessuti.
Le proteine specifiche per il trasporto della carnitina sono state identificate nel cuore, nel tessuto muscolare scheletrico, nel fegato e nei reni, e facilitano il trasferimento della carnitina dal sangue alle cellule, tramite meccanismi di trasporto carrier-mediati. Questo meccanismo di trasporto attivo consente ai tessuti di concentrare la carnitina a livelli anche 10 volte più elevati di quelli presenti nel plasma.
Nei bambini l'attività dell'enzima dello stadio finale della sintesi della carnitina è solo il 12% rispetto alla media normale per gli adulti. Dai 2 anni e mezzo di età, l'attività è il 30% di quella media degli adulti, che viene raggiunta a pieno solo intorno ai 15 anni. Questi dati sottolineano l'importanza della carnitina contenuta nel latte materno nella nutrizione del lattante: la concentrazione iniziale di carnitina nei neonati dipende direttamente da quella presente nell’organismo materno.
La concentrazione nel sangue del cordone ombelicale e fetale è più alta di quella del sangue materno, il che indica che la placenta lavora attivamente per concentrare nel feto la carnitina, la cui sintesi non è ancora completamente efficiente. I lattanti nutriti con latte materno hanno le migliori chances di raggiungere concentrazioni ottimali di carnitina perché la biodisponibilità della carnitina ottenuta dal latte materno è significativamente maggiore rispetto a quella delle formule per lattanti a base di latte. La somministrazione della carnitina nei nati prematuri ha due scopi importanti: acquisto di peso e crescita.
Nelle donne in gravidanza, se si sospetta una ridotta sintesi di carnitina, può essere necessario ricorrere ad integratori, in modo da assicurare un'adeguata concentrazione sia nei tessuti del feto che in quelli della madre.
Segni e sintomi di carenza
I primi casi di carenza di carnitina nell'uomo sono stati descritti già a partire dal 1973.
Si è sempre pensato che si potesse sintetizzare la quantità necessaria di carnitina, ingerirla a sufficienza con i cibi o soddisfarne il fabbisogno semplicemente mediante una combinazione di queste due modalità.
In realtà, i deficit di carnitina vengono classificati in due gruppi principali: deficit sistemico (nell'intero organismo) di carnitina e deficit miopatico (nei muscoli).
La diagnosi di deficit sistemico può essere effettuata mediante campioni di siero o urina, mentre il miopatico richiede la biopsia del tessuto muscolare scheletrico.
Carenza di carnitina: conseguenze
- Deficit di ferro, acido ascorbico, piridossina e niacina;
- Difetto genetico della biosintesi di carnitina;
- Insufficiente assorbimento intestinale di carnitina;
- Disturbi epatici o renali che provocano una ridotta sintesi di carnitina;
- Aumento delle perdite metaboliche di carnitina per catabolismo, ridotto riassorbimento a livello del tubulo renale o difetto genetico;
- Trasporto difettoso della carnitina dai tessuti di sintesi ai tessuti di massima utilizzazione;
- Aumentato fabbisogno di carnitina dovuto ad una dieta ricca di grassi, stress metabolico o malattia.
Negli adulti sembrano attivarsi meccanismi di compensazione che consentono un adattamento che compare nel digiuno, nel diabete, nelle diete ricche di grassi ed in altre situazioni di deficit secondario di carnitina.
Sembra che i bambini non siano in grado di adattarsi a livelli bassi di carnitina bene come gli adulti. Diversi casi di carenza sono stati infatti segnalati in bambini il cui quadro clinico ricordava quello della sindrome di Reye: edema cerebrale acuto associato a un'alterazione della funzione epatica dovuta all'accumulo di grassi.
Il quadro clinico del deficit di carnitina secondario nei bambini comprende:
- perdita di tono muscolare;
- rallentamento della crescita;
- infezioni ricorrenti;
- edema cerebrale, ipoglicemia e disturbi cardiaci.
Effetti e benefici
Gli integratori di carnitina possono migliorare l'utilizzo dei grassi come fonte di energia e avere un effetto positivo nel trattamento di quelle numerose condizioni nelle quali vi è una compromissione dell'utilizzazione dei lipidi e della produzione di energia. In generale, possiamo riassumere i reali benefici dell’integrazione di carnitina come segue:
- Migliora le capacità cognitive e rallenta il declino cerebrale;
- Allevia i sintomi da affaticamento cronico;
- Migliora la salute cardiovascolare (è usata infatti anche in pazienti con malattie cardiovascolari);
- Migliora la sensibilità insulinica;
- Preserva le funzioni del mitocondrio in caso di stress cronico o età avanzata;
Riduce il danno post-allenamento, riducendo i marker dello stress ossidativo.
Forme disponibili
La carnitina è disponibile in commercio in diverse forme, con lo scopo di migliorarne la biodisponibilità, che possono avere effetti tra loro leggermente diversi. Di seguito elenchiamo le principali:
- L-carnitina o carnitina – forma base, più economica. Leggermente meno biodisponibile, ma concentrata (in quanto pura).
- L-carnitina tartrato (LCT) – sale dell’acido tartarico. Solubilità e assorbimento migliori.
- Propionil-L-carnitina (PLC) – forma poco comune, utilizzata soprattutto per migliorare le funzioni cognitive o con problemi cardiovascolari.
- Acetil-L-carnitina (o ALCAR) – l’aggiunta del gruppo acetile ne migliora l’assorbimento e permette il passaggio tramite la barriera ematoencefalica. Fa da substrato per la produzione del neurotrasmettitore acetilcolina; è raccomandata in caso di stanchezza cronica per il miglioramento della cognizione.
È bene fare sempre uso della camitina in forma L (levogira), da sola o legata ad acido acetico o propionico.
La forma migliore dipende dallo scopo: nel morbo di Alzheimer e per ottenere un effetto sul tessuto cerebrale, sembra che la forma migliore sia la L-acetilcarnitina; nell'angina la scelta migliore potrebbe essere la L-propionilcarnitina in quanto il miocardio sembra preferirla alla L-acetilcarnitina.
Nel dettaglio, l’acetilcarnitina sta dimostrando di essere un vero e proprio “nootropo”, ovvero una sostanza in grado di migliorare le capacità cognitive. Come sottolineato in precedenza, questa forma risulta infatti capace di attraversare la barriera ematoencefalica, caratteristica che permette a questa forma di carnitina di guadagnare diverse potenzialità. A differenza della “semplice” L-carnitina, è infatti in grado di aumentare i livelli di acetilcolina nelle sinapsi, aiutare la memoria (ed in generale i processi cognitivi) ed esplicare un’azione stimolante ed energizzante sulla mente e sul fisico, sia per alleviare i sintomi della fatica negli anziani che per supportare il recupero muscolare negli atleti. Inoltre, questa molecola possiede interessanti attività antiossidanti, grazie alle quali svolge un’importante azione neuroprotettiva sul cervello.
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