Metodo plicometrico
Nell'uomo il tessuto adiposo sottocutaneo rappresenta circa la metà di tutto il tessuto adiposo corporeo variando a seconda dell'età e del sesso. La misura di alcune pliche cutanee permette di caratterizzare la distribuzione del tessuto adiposo in siti particolari e dare indicazioni sullo stato nutrizionale ed energetico. Lo strumento utilizzato in questo caso è il calibro per la plica cutanea, o plico metro, costituito da una molla calibrata la cui compressione o estensione determina lo spostamento su una scala lineare circolare. La misura si legge in millimetri.
Plicometro meccanico professionale
Metodo di misura
La plica cutanea deve essere presa tra pollice e indice escludendo il muscolo sottostante, 1 cm al di sopra della sede stabilita e le branche del calibro applicate parallelamente ad essa. La misura deve essere letta due secondi dopo aver applicato la pressione. La misura va ripetuta due o tre volte per valutare l'errore sperimentale e come valore finale si assumerà la media delle tre rilevazioni. Se la differenza tra queste è superiore ad 1mm si dovrà ripetere il rilevamento. E'importante che la misurazione sia fatta sempre dal medesimo operatore per eliminare l'errore inter-operatore.
Siti di misurazione pliche corporee
La metodica assume che la compressibilità delle pliche sia costante; tale fattore in realtà varia con lo stato di idratazione, con l'età del soggetto e con lo spessore della plica (soggetti molto magri o grandi obesi, e soggetti anziani sono generalmente valutati con maggiore incidenza di errore).
Le misurazioni vengono introdotte in formule utili alla determinazione della densità corporea totale e quindi della quantità di grasso sia distrettuale che totale. La relazione tra lo spessore delle pliche cutanee e le percentuali di massa grassa viene sviluppata attraverso specifiche equazioni di regressione.
La distribuzione del grasso sottocutaneo viene correlata alla distribuzione del grasso viscerale; in realtà non risulta una simile correlazione lineare e il limite principale della plicometria è rappresentato proprio dall'assunzione che la quantità del grasso sottocutaneo rispecchi quella del grasso viscerale, oltre che dalla difficoltà di effettuare le misure con errori che rientrino all'interno dell'errore standard del 5%.
La metodica richiede un "training" di standardizzazione delle misurazioni affinché l'errore delle misure (sia intra-operatore che inter-operatori)1 resti entro i limiti dell'errore standard; l'errore nella misura della massa grassa corporea rispetto alla metodica densimetrica è stato valutato intorno al 3-5% in funzione dell'età, del sesso e del livello di obesità.
Il metodo plicometrico è un metodo indiretto: le misurazioni vengono elaborate in formule per la determinazione della densità corporea; in particolare la stima della percentuale del grasso corporeo viene derivata dall'equazione di regressione del logaritmo della somma delle quattro pliche
Formule per la composizione corporea
Dalla misura delle pliche si può predire la densità corporea e da questa la percentuale di massa grassa. Vari autori nel corso della storia si sono posti il problema di come stimare la composizione del corpo in vivo, arrivando a definire modelli nel tempo più sofisticati a cui ricondurre i soggetti. Gli strumenti a disposizione del ricercatore che affronta questo tema, sono rappresentati dalla psicometria, dalle circonferenze e dai diametri sopra esposti, nonché dall'analisi impedenziometrica e dexa di più recente introduzione.
La formula di Durnin e Womersly (1974) permette di calcolare la densità corporea:
D = c - m x log(somma 4 pliche) |
dove D è la densità, c ed m sono due costanti determinate in base all'età ed al sesso, le 4 pliche sono: bicipitale, tricipitale, sottoscapolare e soprailiaca.
Conoscendo la densità si ricava la percentuale di massa grassa dalla formula di Siri(1956):
% di grasso = [(4,950/densità)-4,5]*100 |
Altre equazioni sono:
Equazione di Katch e Mc Ardle (1973):
Donne 17-26 anni
BD = 1,08347 + 0,0006 (A) - 0,00151(B) + 0,00097 (C)
Maschi 17-26 anni
BD = 1,09665 - 0,00103 (A) - 0,00056 (B) - 0,00054 (D)
Dove: A = spessore plica al tricipite, B = spessore plica sottoscapolare, C = spessore plica addominale, D = spessore plica coscia.
Queste equazioni sono state elaborate studiando un campione di studenti americani fisicamente attivi composto da 53 maschi e 69 femmine. L’età media era di 19,3 ± 1,5 anni.
La metodica di riferimento è la pesata idrostatica.
Equazioni di Jackson e Pollock(1978):
Hanno sviluppato due diverse equazioni: a tre e a sette pliche.
BD = 1,112-0,00043499 (X1) + 0,00000055 (X1)²-0,00028826 (X4) |
Dove:
X1: somma delle 7 pliche: pettorale, ascellare media, tricipitale, sottoscapolare, sovrailiaca, addominale, coscia anteriore,
X4: età,
BD = 1,10938 – 0,0008267 (X2) + 0,0000016 (X2)² - 0,0002574(X4) |
X2: somma delle 3 pliche pettorale, addominale, anteriore della coscia.
BD = 1,1125025 –0,0013125 (X3) + 0,0000055 (X3)²- 0,000244 (X4) |
X3: somma delle 3 pliche pettorale, tricipitale, sottoscapolare.
L'equazione di Jackson e Pollock a tre pliche è usata per valutare la composizione corporea degli atleti, quella a sette pliche per valutare la composizione corporea nella popolazione generale.
Queste equazioni sono state elaborate esaminando un campione di 308 maschi di età compresa tra 18 e 61 anni. La metodica di riferimento è la pesate idrostatica e la % FM è stata calcolata con l’equazione di Siri.
Metodica BIA (Bioimpedenza elettrica)
La capacità del corpo umano di condurre corrente elettrica è nota da più di cento anni. Nel 1800 Alessandro Volta dimostrava che l’interfaccia elettrodo–elettrolita costituiva la sorgente di un potenziale elettrico. Ohm nel 1826 sceglieva una coppia bismuto termofila come sorgente del potenziale elettrico; ciò avrebbe condotto alla formulazione della legge che porta il suo nome. Successivamente è stato ipotizzato che l’interfaccia elettrodo–elettrolita possedesse proprietà di capacitanza. La prima misura della capacitanza dell’interfaccia veniva effettuata nel 1871 da Varley. Il primo modello di soluzione elettrolitica con misura della capacitanza viene attribuito ad Helmholtz nel 1879.
I tessuti acquosi del corpo possono essere considerati come soluzioni elettrolitiche in quanto l’acqua corporea contiene molti soluti. Grazie a questa proprietà è possibile usare la metodica BIA per valutare quei distretti corporei che sfruttano le caratteristiche elettriche delle soluzioni elettrolitiche al passaggio di una corrente alternata.
Il tessuto biologico è considerato costituito da due compartimenti fluidi, extracellulare (ECW) ed intracellulare (ICW), con comportamento elettrico differente: il compartimento ECW simula la resistenza mentre quello ICW fa da condensatore.
Somministrata a basse frequenze (fino a 5 kHz) la corrente attraversa prevalentemente il tratto ECW mentre a frequenze maggiori supera le membrane cellulari e il tratto ICW permette un passaggio migliore determinando uno sfasamento del flusso di corrente in uscita. Tale effetto prende il nome di reattanza capacitiva(Xc). L’impedenza (Z) esprime l’impedimento totale al passaggio di corrente essendo la somma degli effetti del tratto resistivo (R) e capacitivo (Xc) ed è inversamente proporzionale al contenuto di acqua ed elettroliti del corpo.
La definizione di resistenza (R) è: R=ρL/S dove L è la lunghezza del conduttore e S la sezione. Considerando il corpo umano come un cilindro la formula diventerà: R=?H/S (dove R è la resistenza, H è la statura del soggetto sottoposto alla misura, ed S è la sezione traversa, che per convenzione si assume costante). Da qui: V=?H2/R (equazione che relaziona il volume del cilindro con il valore della resistenza). Tale equazione risulta alla base delle formule per la determinazione della TBW o della FFM. In particolare, la seguente equazione:
TBW = a(H2/R)+b |
(equazione di tipo lineare, dove i coefficienti a e b sono calcolati su popolazioni specifiche) pone in relazione il volume di acqua totale corporea (TBW) e l’indice BIA (H2/R).
Attraverso questa metodica si determinano quindi :acqua totale corporea (TBW), fluidi extracellulari (ECW) e intracellulari (ICW), massa magra (FFM) e massa grassa(FM), massa cellulare metabolicamente attiva (BCM).
Esistono diversi tipi di apparecchi impedenziometrici; alcuni vengono definiti monofrequenziali, dal momento che erogano corrente alternata alla frequenza costante di 50 kHz.
Attualmente vengono utilizzati anche impedenziometri che lavorano a più frequenze, detti multifrequenziali. Infatti, mentre a bassa frequenza il contributo resistivo è massimalmente dovuto al comparto extra-cellulare, ad alta frequenza anche il tratto capacitivo fa sentire la sua influenza, man mano che i vari condensatori si “attivano”, sfasando più o meno la corrente in uscita.
In tal modo, da una serie di misure di resistenza (A), reattanza (Xc), angolo di fase (f) e impedenza (Z), ottenute a varie frequenze di corrente erogata, è possibile determinare la cosiddetta frequenza caratteristica (Fc).
Tale parametro, introdotto in formule più complesse di quella fondamentale, permette la determinazione di valori più accurati di TBW, ICW, ECW, e quindi di FFM.
Impedenziometro digitale
Metodo di misura
il soggetto deve essere disteso con le gambe leggermente divaricate e le braccia abdotte in modo che non tocchino il corpo, non deve indossare nessun oggetto metallico. Elettrodi sensori vengono applicati sulla superficie superiore della mano (tra le prominenze del radio e dell’ulna e tra il terzo e il quarto metacarpo) e del piede (tra il malleolo mediale e laterale e tra il secondo e terzo metatarso) ad almeno 5 cm di distanza.
Possizione del soggetto e degli elettrodi nella BIA
I risultati della BIA possono essere alterati da numerosi fattori quali la temperatura cutanea, la dinamica respiratoria, l'assunzione di cibo o bevande, l'esercizio fisico e il ciclo mestruale.
Temperatura cutanea: il microcircolo cutaneo è in grado di dilatarsi in risposta ad un aumento della temperatura della cute. Al contrario, la diminuzione della temperatura cutanea produce vasocostrizione, con diminuzione del flusso ematico.
Questo spiega perché valori più alti di impedenza possano essere registrati in seguito a raffreddamento della cute (Caton et al., 1988; Garby et al., 1990) In presenza di febbre, la BIA è inattendibile. Essa registrerà infatti valori d’impedenza molto bassi.
Dinamica respiratoria: è opportuno verificare che la frequenza e escursione respiratoria siano quelle “fisiologiche” per il soggetto. Modificazioni dell’escursione della gabbia toracica possono comportare infatti una modificazione del volume conduttivo, e conseguentemente, dell’impedenza.
Esercizio fisico: l’esercizio fisico moderato non è in grado di influenzare la BIA. Al contrario, quando intenso e prolungato, esso produce valori artificiosamente bassi d’impedenza.
L’aumento della temperatura cutanea e, possibilmente, una perdita di acqua prevalente su una di elettroliti, possono spiegare questo fenomeno.
Cibo e bevande: Kushner (1992) consiglia che il soggetto sia a digiuno da liquidi e solidi da almeno 2-5 ore.
Il contenuto del canale alimentare può infatti interferire con la misurazione dell’impedenza. Inoltre, nella fase post-assorbitiva, il passaggio di liquidi nel torrente circolatorio può produrre valori alterati di impedenza.
Tuttavia, Fogelholm et al. (1993) hanno osservato che l’errore prodotto dalla misura dell’impedenza a 2-5 ore da un pasto può essere accettabile a livello di gruppo ma non del singolo individuo.
Pertanto, essi propongono una notte di digiuno (8 h) quale procedura standard per la BIA.
Ciclo mestruale: il ciclo mestruale comporta variazioni “fisiologiche” dell’impedenza bioelettrica. Esse sono state poste in relazione a:
1. modificazioni della compartimentazione di TBW, come ad esempio, la possibile espansione premestruale di ECW,
2. modificazioni della temperatura corporea, per l’effetto termogenico del progesterone e,
3. modificazioni del comportamento alimentare, particolarmente in fase premestruale.
Gleichauf & Roe (1989) hanno osservato che la variabilità nella misura dell’impedenza nel corso di un ciclo mestruale è da imputare più alla variazione fisiologica che non all’errore di misurazione. Esse consigliano di standardizzare la misurazione relativamente al periodo del ciclo mestruale e di effettuare, ove possibile, misurazioni multiple.
L’impiego di contraccettivi orali non è apparentemente associato ad alterazioni dell’impedenza (Chumlea et al. 1987).
Densiometria a due livelli energetici (DXA)
La DXA misura la densità ossea, il suo contenuto minerale, la massa grassa e la massa magra corporea. L’attenuazione che un tessuto biologico oppone ad un fascio incidente di radiazioni è funzione dello spessore, della densità e della composizione chimica del tessuto stesso. La metodica DXA per lo studio della massa grassa ed in generale dei tessuti molli si basa sul principio che tali tessuti determinano un’attenuazione costante all’emissione di due definite radiazioni energetiche di 40 kV e 70 kV (raggi X). Il fenomeno dell’attenuazione si basa sull’effetto fotoelettrico e sull’effetto Compton. Nella realtà il fenomeno dell’attenuazione non è lineare, tuttavia assumendo che sia costante si ha:
per un tessuto costituito da sola massa grassa: Rf = 121
e per un tessuto costituito dalla sola massa magra: Rl = 1.399
mentre l’attenuazione per il tessuto osseo risulterebbe molto più alta.
Poiché nell’organismo umano ogni tessuto risulta costituito da più componenti in proporzioni diverse, l’attenuazione energetica risultante presenta un valore medio.
Si può scrivere la seguente espressione:
Rfl = (Rl - Rf)/(Rfl - Rf) |
Dove Rfl indica l'attenuazione misurata, Rf la costante riferita al solo tessuto grasso, ed Rl la costante riferita al solo tessuto magro. Nella misura totale corporea, il 40-45% dei pixel (punti luminosi di cui è costituita l'immagine radiologica sul monitor, il cui tono nella scala dei grigi è in relazione alla densità del volume del tessuto analizzato) sono classificati come contenenti massa minerale ossea; il restante è
rappresentato dai tessuti molli. Il sistema DXA consta di un piano di rilevazione in cui sono inseriti i sensori per il rilevamento dell'attenuazione. A tale piano viene applicato un carrello mobile che scorre longitudinalmente e che trasporta l'emettitore di energia che a sua volta può scorrere su binari in modo trasversale mediante un motore di precisione. Per mezzo di un computer dedicato si determina il moto longitudinale e trasversale dell'emettitore, l'acquisizione dei dati di attenuazione rilevati e la successiva elaborazione dei dati per la stampa o la visione dei risultati della composizione corporea.
Apparecchiatura DXA
I valori misurati con la metodica DXA per la massa ossea, la massa libera dal grasso e la massa grassa sono stati comparati con misure effettuate con altre tecniche e in particolare il confronto con misure derivate dall’analisi dell’attivazione neutronica (NAA) ha dato una buona correlazione per il calcio totale corporeo (2-3% di variabilità). L’errore di tale metodica è stato valutato intorno al 3-4% per il grasso corporeo e dipende prevalentemente da stati di alterata idratazione e dallo spessore antero-posteriore corporeo (che, se maggiore di 20 cm, comporta un errore superiore a quello definito). La riproducibilità della misura dipende invece dalla risoluzione adottata (numero di punti scansionati per cm2 di area corporea); tale riproducibilità risulterebbe ottimale per le misurazioni che consentono l’analisi di 5-10 punti per cm2. La tecnica DXA risulta un metodo preciso ed accurato per la misura della massa grassa corporea totale e distrettuale. La misura del grasso corporeo risulta più accurata e precisa in soggetti adulti con peso corporeo inferiore a 100 kg. La misura del grasso corporeo a livello intraaddominale è stata misurata con misura tomografica e confrontata con le determinazioni ottenute mediante antropometria (plicometria) e DXA; le misure del grasso addominale ottenute con metodica DXA risultavano valide (r = 0,9, s.e.e. = 7%) ed il valore predittivo veniva migliorato dalla combinazione con le misure antropometriche.
In definitiva, la bassa invasività (circa 0,6 mSv) rispetto alle metodica tomografica e la possibilità di ottenere misure segmentali corporee (tessuto adiposo intraddominale) ne consigliano l’utilizzo per effettuare una corretta valutazione della composizione corporea.
Esempi output DXA